Cronache di Un Sole Lontano | Narrativa
COME LACRIME NELLA PIOGGIA
Racconto di Claudio Battaglini ispirato al film “Blade Runner”
illustrato dagli allievi del corso di Illustrazione dell’ISIA di Faenza
Era terrorizzata, imprigionata tra quelle due mani incredibilmente forti che stringevano il suo candido piumaggio in una morsa implacabile.
Talmente spaventata da non riuscire neppure a pensare di provare a divincolarsi e fuggire. Tornare al suo nido, nascosto tra quei grattacieli sporchi, che bombardavano in continuazione con mille luci e voci assordanti, senza riuscire a sconfiggere l’oscurità persistente. Dai suoi piccoli che l’aspettavano, affamati. Che sarebbero morti se lei non fosse tornata.
Vide del sangue rosso diffondersi sulle sue penne bianche, ma non era il suo. Cadeva dall’alto, da quell’uomo possente dai capelli chiarissimi che l’aveva imprigionata.
Stava parlando con un altro uomo, che le sembrò ancora più terrorizzato di lei. Su quel tetto sporco, sotto quella pioggia incessante, che scendeva da quel cielo ancora più sporco delle case, che piangeva sulle esistenze misere dei poveri esseri disperati che provavano a sopravvivere in quella città.
Vedendo davanti a lei un essere ben più grande, più spaventato di un’umile colomba, si calmò un pochino. Iniziò ad osservare con maggiore attenzione quello che la circondava. Capì che l’uomo dai capelli chiari stava parlando, anche se non poteva capire quello che diceva. Che non la stava stringendo per ucciderla o farle semplicemente del male. La teneva con una certa tenerezza, come se gli servisse per concentrarsi meglio su quello che stava dicendo. I toni bassi della voce di quell’angelo caduto da un paradiso sporco e maleodorante le facevano vibrare la piccola cassa toracica.
Le lacrime dell’uomo e il suo sangue si mescolavano sulle sue bianche piume con le gocce pesanti di quella pioggia eterna.
In un attimo di strana vicinanza mentale comprese che l’uomo che la teneva stava morendo, che la sua breve esistenza non era stata migliore di quella di un animale che doveva continuamente uccidere per nutrirsi o che doveva continuamente guardarsi alle spalle per sfuggire ad altri predatori. Vide anche negli occhi sbarrati dell’uomo che le stava di fronte farsi largo una nuova comprensione, stranamente simile a quella che aveva pervaso anche lei.
Per un breve attimo tutto si fermò, solo le gocce di pioggia si muovevano.
Poi sentì svanire la forza in quelle mani, la voce smise di parlare, le dita si aprirono. L’uomo non respirava più. Era arrivato per lui il tempo di morire. In un primo momento la colomba non si mosse, come se quella gabbia vivente la proteggesse invece di negarle la libertà, poi si divincolò e agitando le ali si levò in volo verso l’alto, verso quel cielo scuro e opprimente che la bombardava di gocce di pioggia. Verso il suo nido, dove il suo semplice cervello animale avrebbe a poco a poco dimenticato quello che era successo su quella balconata. Dove tre esseri differenti tra loro avevano condiviso qualcosa, dove la morte aveva colpito uno di loro, sfiorando gli altri due e aiutando uno di loro a comprendere qualcosa di importante.
E la pioggia avrebbe lavato tutto, lacrime, sangue. E le esistenze di quelli che ancora vivevano.
Claudio Battaglini
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